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Oggi si potrebbe dedicare la giornata a tanti uomini speciali, a padri eccezionali e ogni idea sarebbe comunque appropriata. Scelgo, e vorrei fare una dedica a due padri speciali.
O forse tre.
Nel 2019 siamo stati in Libano e ci siamo innamorati di quel paese. In famiglia se si pensa alla Vacanza con la V maiuscola si pensa al Libano, e alle persone che ci hanno aiutato a scoprire una terra ricca di storia, che ci hanno aperto con orgoglio e amicizia le loro case.
Sembra un secolo fa, ma sono solo 19 mesi fa. È successo di tutto nel frattempo.
La ripresa del fronte caldo a Sud, il COVID, la terribile esplosione del 4 agosto. Il Paese è in ginocchio. Di questi giorni notizie angoscianti: fame per il 30% della popolazione, inflazione schizzata oltre al 150%, gente che prova a fuggire ma con aeroporto chiuso e confini bloccati è dura. Quelli che per molti sono numeri, articoli di giornale, notizie di un posto lontano, per noi sono i nostri amici*.
Stamattina ho chiamato Joe, il nostro driver, guida, angelo custode, padre di tre ragazzi meravigliosi, e gli ho fatto gli auguri per la Festa del Papà. E per dirgli che se serve, noi ci siamo.
Mi dice è dura, è molto dura, e “we just have to pray”.
Il pensiero di un padre che vede quello che ha costruito con un lavoro semplice, ma onestissimo, sgretolarsi ogni giorno di più, è quello di garantire ai figli la migliore educazione, la scuola, il futuro. Sì, ma come? È dura fare il padre quando fuori ci si spara, quando ti razionano l’energia elettrica, quando non sai se la gente si ricorda ancora cosa è stata la maledetta guerra civile.
Ecco, lui è il simbolo di tutti quei padri in difficoltà profonda che non si abbattono, che credono nonostante tutto nel futuro e credono nel valore del proprio ruolo di genitore.
Il secondo papà a cui va il mio, nostro, pensiero è Mario G.
È il papà di un caro amico, al quale va più che un augurio, una preghiera, da lontano ma di cuore.
Lui è uno dei tanti padri (non me ne vogliano le madri, i figli, ma oggi è il loro giorno) uscito di casa e portato in ospedale con la brutta bestia, che è uscito di scena in silenzio, solo, senza i suoi figli e i suoi cari.
Stava bene, era solo andato a fare una visita nel pieno della crescita dei contagi. E se l’è preso.
A me questa cosa della morte in solitudine mette un’angoscia unica. È disumano. Ed è ancora più disumano il pensiero che aleggia da qualche parte che “tanto sono anziani”. Se è tuo padre, è tuo padre. Punto.
Le civiltà orientali hanno un rispetto massimo delle persone anziane, e credo non renda onore ad una società avanzata (o che si dice tale) come la nostra non avere il massimo rispetto per chi ci ha cresciuto, educato, sostenuto e insegnato.
Dai, mi concedo anche il terzo. Fuori tema. Il terzo è il mio papà.
Padre “troppo” lavoratore, che con il suo non esserci mi ha reso la persona che sono. Un papà poco presente ma un super nonno, che ha insegnato a nuotare ai ragazzi, che si commuove quando li prende per mano (come nella foto che oggi sarebbe impossibile fare, 7 anni fa), e che dopo avermi guidata da lontano per una vita oggi ha bisogno della mia protezione.
Proteggerlo significa anche tutelare i suoi 87 anni e non vederlo da settembre.
Perché arriva un momento in cui capisci che è il tuo turno di dire grazie.
Grazie a tutti i papà speciali, grazie ai papà che in silenzio vogliono bene.
E grazie ai papà che sono lontani, senza protestare.
E ai papà che non abbiamo saputo proteggere e che in silenzio ci hanno lasciati. A loro dobbiamo le nostre scuse.
*In Libano sono attive diverse associazioni e onlus. L’associazione locale Beit el Baraka https://beitelbaraka.org/ e la Caritas libanese http://www.caritas.org.lb/ sono tra le più serie e l’unico supporto a famiglie e padri in difficoltà.