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Sull’impatto immediato e prossimo del COVID-19 sulle nostre vite e sul modo di comunicare hanno già scritto in molti e in molti scriveranno. Si tratta di uno studio sulla carne viva. Si tratta, né più né meno, della manifestazione del DNA della narrazione. Noi mortali non possiamo fissare troppo a lungo lo sguardo di Medusa e allora la letteratura ci educa “al Fato e alla morte”.
Ma educazione, soprattutto nell’epoca del Gaming, non è sinonimo di rassegnazione.
Torniamo alla metafora della letteratura e facciamo un passo indietro verso la sua pratica, ovvero la scrittura. Cosa c’entra la scrittura con quello che stiamo vivendo? Rispondo con un hashtag #andràtuttobene. Nel momento in cui scrivo, soltanto su Instagram ha superato di molto il milione di post. Una vera e propria narrazione collettiva affidata a un’espressione che, con la cancellazione degli spazi dovuta alla sintassi degli hashtag, si trasforma in parola.
Una parola scritta in forma digitale sulle tastiere di smartphone e pc, ma soprattutto scritta fisicamente migliaia e migliaia di volte dagli italiani (e non solo) su supporti di diversa natura, con inchiostro e colori e materia. Proprio nel momento in cui il contatto fisico della socialità viene meno, l’atto fisico della scrittura riafferma il suo potere esorcizzante e la sua potenza relazionale.
Scrivere a mano e scrivere in maniera reiterata hanno trasformato l’#andràtuttobene in un rito magico collettivo. Siamo passati dalla Call To Action al Mantra Cross-Mediale. D’altronde, come scriveva William Burroughs nel suo La scrittura creativa, “Lo scopo di scrivere è di farlo accadere.” E quando penso a questa citazione, mi vengono in mente le mascherine dei medici e degli infermieri in trincea nelle terapie intensive. In molte immagini che circolano in questi giorni tra tg e social, quelle mascherine sono colorate dai loro figli con l’arcobaleno #andràtuttobene. Molto spesso, quelle mascherine sono tutto ciò che possono vedere i pazienti, isolati ma incoraggiati da una vera e propria scossa che ci unisce, ci dà forza. Una scossa che cerca di esorcizzare una paura a cui il COVID-19 ha condannato già in troppi: “si vive insieme, si muore soli”.
In questi giorni il dibattito è caldo e la domanda è: “come e da dove ripartiremo?”. Si parla di digitalizzazione, di misure economiche, lavoro. Tutto giusto, eppure il colpo più duro, sistema sanitario a parte, il COVID-19 lo sta sferzando al nostro senso di comunità. È contro quei colpi, che scrivere e riscrivere fisicamente #andràtuttobene ci aiuta a tenere alta la guardia. Sui balconi, alle finestre, dentro le nostre case, si sono moltiplicati nel giro di pochissime ore e senza soluzione di continuità i fogli di carta e i lenzuoli con scritto #andràtuttobene. Scriverlo ci ha messo in relazione seppur distanti, da Nord a Sud. E scriverlo ci ha permesso di coltivare con un tempo e un’attenzione più pieni le nostre relazioni familiari, quelle più intime, quelle interne alle mura domestiche.
Quando tutto finirà, non sarà facile passare dall’#andràtuttobene all’#èandatotuttobene. Ma la scrittura ci verrà ancora una volta in soccorso con un altro insegnamento: “scrivere è riscrivere”. Abbiamo l’opportunità di riscrivere il nostro tempo e dovremo farlo partendo dai nostri modelli sociali.
Mauro De Clemente