Vai al contenuto
Se qualcosa ci ha fatto tanta, davvero tanta compagnia durante il periodo di isolamento forzato, è la musica. Scoprire nuovi artisti, recuperare i vecchi cd o vinili ereditati da genitori, cimentarsi nell’imparare un nuovo strumento. La musica è stata il primo salvagente collettivo a cui ci siamo aggrappati, intonando note condivise ogni sera alle 18 dai balconi. Un momento catartico e collettivo, che si, forse sarà durato solo le prime due, forse tre settimane di lockdown per poi lasciare spazio a noia, stress e insofferenza. Ma non è un caso. La musica ha infatti questo grande potere. È un’arte che vive di collettività, di condivisione, di trasmissione e dialogo. Mille voci possono essere una sola, un mare di corpi muoversi all’unisono spinti dalle stesse note. Ecco perché, tra le cose di cui abbiamo sentito e sentiremo ancor di più la mancanza, ci sono i concerti. Siamo felici di essere tornati dai parrucchieri, nei negozi, nel nostro bar del cuore e a fare l’aperitivo con gli amici così strani con il volto coperto per metà. Ma la musica che si sente nella pancia, il sudore e il fischio alle orecchie prima di addormentarsi una volta tornati a casa, beh quella è tutta un’altra cosa. Un’emozione lontana che dobbiamo dimenticarci, almeno fino al 2021. Nonostante la riapertura di cinema e teatri possa tecnicamente essere funzionale anche alla musica dal vivo, la realtà è ben diversa. E colpisce non solo i giganti della musica e i circuiti multimiliardari come Ticketone, ma anche – e soprattutto – gli ambienti medio piccoli. Come ad esempio Spaghetti Unplugged, una bellissima e creativa iniziativa nata da Roma ma che si è allargata a Milano e Bologna con grande successo. Ne abbiamo parlato con Davide Dose, che insieme a Gianmarco Dottori e Giovanni Romano ha dato vita a questo progetto e che ora si trova a dover fare appello nuovamente alla propria creatività, per trovare un modo per continuare a far musica ai tempi del covid-19.
Davide, come descriveresti Spaghetti Unplugged a chi non lo conosce?
È un format di concerti e musica dal vivo iniziato ormai 6 anni fa a Roma. Il concetto di base è quello dell’open mic, del “microfono aperto”: chiunque voglia può salire sul palco e suonare. Abbiamo scommesso su questo format un po’ inusuale, volevamo creare un palco libero e aperto. Intorno a questo palco si è costruito un mondo estremamente dinamico e stimolante. Non solo per quanto riguarda noi, che abbiamo ampliato i nostri team spostandoci anche a Milano e Bologna, ma proprio a livello musicale. Si è creato una sorta di circolo, un punto di ritrovo un po’ pazzo per cantautori e interpreti, tra emergenti e professionisti affermati, un fermento musicale interessante che in qualche modo ci ha resi un piccolo punto di riferimento per quel mondo musicale, più indipendente, che forse doveva ancora trovare un suo spazio dedicato. Sul nostro palco prima ancora di essere famosi passavano a suoante artisti come Ultimo, Gazzelle, Tommaso Paradiso, Galeffi, ma abbiamo avuto anche Tiromancino, Giuliano Sangiorgi, Noemi, Gianluca Grignani…
Sembrano racconti di un’altra vita. Siete speranzosi di poter tornare a organizzare eventi musicali presto con questa nuova fase?
Con il “via libera” a cinema e teatri in realtà non si esclude necessariamente la possibilità di organizzare concerti. Il vero problema è che sicuramente ora non è stagione per organizzare questo tipo di eventi al chiuso, e durante un concerto, per quanto all’esterno, sicuramente è molto difficile se non impossibile non creare assembramenti e rispettare tutte le norme che giustamente ancora sono in vigore. Sono regole che mettono in grande difficoltà noi organizzatori ma soprattutto i gestori di locali e tutte le persone che lavorano intorno al mondo della musica dal vivo. Le più inspiegabile è il divieto di somministrazione di cibi e bevande nei luoghi dove si svolgono i concerti: certamente va regolata ma impedirla è un limite enorme alla sostenibilità degli eventi. Speriamo che questo divieto venga rimosso al più presto!
In questa situazione d’emergenza, hai percepito una certa solidarietà tra i lavoratori della musica oppure no?
Sì, sono nati diversi tavoli e coordinamenti per sostenersi e cercare nuove strade. Sicuramente c’è stata una grande solidarietà umana. Tra noi organizzatori c’è stato molto contatto, non fosse altro anche solo per scambiarsi una battuta o sapere come andava. Ci sono stati esempi lodevoli, come Keep On Live, l’associazione di categoria live club e festival italiani, che ha promosso diverse iniziative importanti e ha lanciato molti format nuovi come i concerti in diretta streaming. Uno dei progetti più interessanti nati in questo senso è pero il coordinamento “La Musica che Gira” a cui abbiamo preso parte anche noi, che attraverso una piattaforma favorisce il confronto tra lavoratori e imprenditori, professionisti della musica e dello spettacolo (www.lamusicachegira.it, ndr) del settore musicale, per raccogliere idee, proposte e portare avanti le richieste di queste categorie. Credo anche che sia un ottimo primo passo anche per dare più strutturalità a questo settore.
E Spaghetti Unplugged come si sta preparando?
Se è vero che i grandi eventi non sono assolutamente possibili, per gli eventi più piccoli o nei format come i nostri forse un modo si può trovare. È una sfida, perché le nostre serate uniscono la musica dal vivo ad un happening, dove lo scopo e l’obiettivo è far incontrare persone. Ci stiamo ragionando, ipotizzando delle forme ibride tra il virtuale e il reale, sicuramente qualcosa verrà fuori presto, probabilmente a giugno (quindi occhi e orecchie aperte, ndr).
Anche perché durante la fase 1 la creatività non vi è mancata
Assolutamente. Durante il lockdown, nella fase più buia, ci siamo inventati, anche con una certa velocità, un formato digitale. Si tratta di un escamotage che hanno usato molti artisti, ovvero quello di sfruttare i social e il mondo del digitale per suonare e condividere musica a distanza di sicurezza.
Molti artisti hanno scelto di fare dei concerti “in streaming” riscuotendo molto successo. Certo, non è la stessa cosa
Il bello dei concerti è proprio quello di stare insieme, di vivere la musica in maniera collettiva. Fare un concerto senza assembramenti è una utopia. Inventarsi qualcosa ora è una grande scommessa, perché oltre a dover trovare il modo di rispettare tutte le restrizioni che ancora esistono bisognerà confrontarsi anche con la volontà delle persone. Se gli artisti avranno voglia, se le persone a loro volta saranno a loro agio nel tornare ad una vita sociale normale… ci sono tanti fattori in gioco
E dell’opzione dei concerti in drive in di cui si era tanto parlato?
Sicuramente è una opzione che è entrata in circolazione, ma per quanto ci riguarda non si sposa con il concetto che sta dietro Spaghetti Unplugged. Vero è che è una alternativa: abbiamo guardato con interesse agli esperimenti di questo tipo fatti in Olanda e Germania, che certo hanno avuto successo, ma ci lasciano un po’ dubbiosi e straniti. Anche per quanto riguarda l’artista che si esibisce, diventa davvero difficile se non impossibile creare una connessione reale e fondamentale con il pubblico, che è proprio l’elemento che rende magici i live, e si percepisce chiaramente che manca qualcosa. È comunque giusto a mio avviso che vengano fatti esperimenti e si tentino nuove strade senza perdersi in troppe polemiche, però dubito ci sarà un exploit di questa modalità per quanto riguarda la musica.
E allora non resta, nel frattempo, che alzare il volume o infilare le cuffie, a meno che non vogliate scatenare i vicini. O chissà, magari potreste dare vita a un nuovo concerto, da una stanza all’altra, nell’attesa di poterci abbracciare mentre i nostri beniamini di fronte a noi cantano la nostra canzone preferita, che in quel momento sembrerà scritta e suonata appositamente per noi.
Per scoprire di più su Spaghetti Unplugged:
info@spaghettiunplugged.it