Sostenibilità e digitale, la sfida dell’Internet di domani

Matteo Galdi, ingegnere informatico, spiega che il binomio è possibile, ma serve una nuova consapevolezza da parte delle aziende e affidarsi a professionisti con sensibilità per la tutela del pianeta.

 

Sono tantissimi, e spesso insospettabili, i siti e le piattaforme digitali non sostenibili dal punto di vista ambientale in tutto il mondo. Le usiamo quotidianamente e contribuiscono, ad ogni nostro click, a inquinare un po’ di più il pianeta. Conciliare innovazione tecnologica e tutela dell’ambiente sarà, senza dubbio, la sfida del prossimo decennio, in una società sempre più connessa e destinata a una progressiva e auspicabile decarbonizzazione. Di sostenibilità digitale si occupa già da qualche anno Matteo Galdi, ingegnere informatico che recentemente ha curato la regia di “Feed The Future”, l’evento digitale 2021 di Time4Child.

Sostenibilità e digitale. Binomio possibile?

Sicuramente il binomio è possibile. Bisogna partire dal presupposto che quando parliamo del digitale, non abbiamo a che fare con qualcosa che semplicemente utilizza una batteria da ricaricare a fine giornata. Quando parliamo di Internet e navigazione ci stiamo, in realtà, interfacciando con strumenti connessi alla rete elettrica h24. Possiamo immaginare quanto questo possa impattare sul consumo di energia attuale. Secondo Greenpeace, Internet consuma quasi il 10% dell’energia utilizzata in un anno nell’intero Paese.

Il binomio, quindi, è possibile se è frutto di un processo culturale. Bisogna creare consapevolezza al riguardo. Finché saremo convinti che Internet non consumi energia, se non ci poniamo il problema, non si avrà nessun interesse a ridurre l’impatto ambientale del digitale. Le manifestazioni di queste settimane per il pianeta, la mobilitazione in particolare dei più giovani, lasciano intuire che finalmente si muove qualcosa, che la presa di coscienza è vicina.

Bisogna, in altre parole, realizzare che un nostro click ha un costo in termini ambientali per il pianeta…

Sì, e questo deve avvenire a partire dagli sviluppatori dei siti web. Io sono ingegnere informatico e ho a cuore questa tematica, ma ancora non è così per tutti. Invece, impegnarsi per ridurre l’impatto ambientale dovrebbe essere una mission comune delle aziende. È importante andare a ottimizzare il lavoro: parlo dei codici che fanno funzionare le nostre mail, i nostri siti. Bisogna cercare di usare programmi efficienti, che richiedano il minimo delle risorse possibili. Se un sito ci mette 30 secondi a caricare anziché uno, significa che c’è un pc che sta impattando 30 volte di più sul consumo di energia.

È, quindi, un problema di software e non hardware?

Un device più performante è più veloce, ma consuma anche di più. Ottimizzare le risorse significa, invece, avere macchine non particolarmente performanti perché risalenti a 5-8 anni fa, ma ugualmente veloci grazie a software efficienti basati su una scrittura del codice sostenibile. Anche a livello hardware esistono delle criticità: ad esempio, la necessità di avere batterie degli smartphone che durino almeno un giorno. Ma se abbiamo mandato l’uomo sulla luna con macchine molto meno complesse di quelle attuali, sapremo fare anche questo!

Lei si è occupato per Time4Child della regia dell’evento “Feed The Future” che si è tenuto per larga parte online. Con la pandemia, la diffusione dello smart working e di piattaforme per le videoconferenze che impatto ambientale ha avuto?

A inizio pandemia, l’anno scorso, facemmo un incontro all’Università con Unidata, che sta portando la fibra in giro per Italia, e analizzammo come era cambiato il traffico sulla rete con la pandemia. Alla fine non è cambiato in maniera così impattante. Sì, c’è stato un aumento del traffico che comunque le infrastrutture italiane, per quanto criticate, hanno retto molto bene. Più che altro è cambiato il luogo in cui utilizziamo internet: la casa anziché il posto di lavoro, ma il traffico non si è alterato più di tanto. Gli strumenti utilizzati, come Zoom, funzionano bene e non consumano molte risorse. Certo, non tutti mostrano lo stesso livello di sostenibilità. Va anche detto, però, che un effetto abbastanza rilevante della pandemia è stato quello di portare tante attività, che prima non erano digitali, su Internet. Questo ha spinto tanti che erano in ritardo a costruire siti e sbarcare sul web, spesso di fretta e con qualità scandente. Questo sì che avrà un impatto sul consumo energetico in Italia.

Per un’azienda, che oggi avverte il bisogno di una presenza su Internet il meno possibile impattante sull’ambiente, fondamentale è selezionare bene i professionisti cui affidarsi.

Sicuramente sì. Ci sono tante alternative. Una di queste è utilizzare dei provider di servizi Internet che si approvvigionano di energia da fonti rinnovabili, eolico o fotovoltaico, anziché centrali a carbone. Inoltre, cercare di ridurre al minimo l’impatto del sito web facendo in modo che si passi meno tempo possibile su di esso, sebbene l’esigenza diffusa finora sia stata quella di agganciare il visitatore di un sito e farlo restare connesso per quanto più tempo possibile. Ma non per tutti i portali questo ha senso oggi. Ad esempio, se devo prenotare un ristorante, ha poco senso dover andare a cercare le informazioni in una pagina nascosta. Le informazioni dovrebbero essere immediatamente accessibili. Un buono strumento per avere una rapida indicazione delle emissioni prodotte da un sito web è l’applicazione https://www.websitecarbon.com/ .